La gestione del conflitto

Qui di seguito riportiamo qualche esempio per migliorare la gestione del conflitto attraverso la conoscenza delle parole che, usate all’interno di una conversazione, possono far acquisire a quest’ultima una connotazione conflittuale.
Molte volte si tratta di avverbi che, a differenza di quanto sostengono i dizionari, non hanno una funzione “debole” all’interno della frase, al contrario, esercitano più funzioni complesse che da una parte hanno a che fare con la costruzione della coerenza discorsiva, dall’altra con le sfumature dell’accordo e del disaccordo, della cortesia e del conflitto interpersonale, spesso con un doppio movimento che coinvolge entrambe le funzioni.
Ad esempio, un termine come anzi, segnala un disaccordo verso il contenuto della frase e un avvicinamento sul piano relazionale:
Quasi opposto il movimento di appunto, fondamentale negli scambi polemici. D’accordo sui fatti – le cose sono quelle che sono – nessuno li mette in dubbio, è la valutazione che cambia. Appunto, apparentemente consenziente, rinvia il significato profondo di quanto ha detto l’interlocutore, come un boomerang: “È proprio come dici tu, quindi ho ragione io”.
Funzionano in senso oppositivo anche i termini definiti come “distanziatori”. Alcuni esempi che ricadono in questa categoria sono: il cosiddetto, il sedicente, per così dire, tra virgolette, in apparenza, e così via.
Con queste locuzioni si sottolinea l’intenzione di non assumersi la responsabilità di quanto si sta dicendo o, addirittura, di non approvarne il contenuto. Per una corretta gestione del conflitto, l’assunzione delle responsabilità è il primo passo da compiere.
Per fare un esempio, una frase di questo tipo, potrebbe essere la seguente:
“Antonio, il cosiddetto capo del progetto, ha confermato che non c’è motivo di preoccuparsi”
In questo caso, chi parla vuole sottolineare il proprio rifiuto di Antonio come capo del progetto e, quindi, la sua mancanza di fiducia nelle rassicurazioni che arrivano da quella persona.
Interessante da un punto di vista di analisi delle fonti di conflitto è la strategia della “ripresa-eco”.
Vediamo subito un esempio particolarmente rappresentativo:
Uno scambio come questo, viene classificato come “risposta-eco”, distanziatrice e ironica, quasi sarcastica. Il più delle volte, nella gestione del conflitto la ripresa delle parole dell’interlocutore avviene in tono polemico e sarcastico e segnala l’opposizione e la presa di distanza da quanto asserito.
Un altro esempio:
I giochi destabilizzanti
Nella gestione del conflitto, accanto alle parole, ci sono anche alcune strategie che hanno lo scopo di squalificare la persona o ciò che da questa viene detto o fatto. Vediamo i più comuni.
“Scherzavo!”
Questo modo di dire può essere considerato come una gomma utile a cancellare l’eventuale offesa o sgarberia arrecata all’interlocutore.
Il sociologo canadese Ervin Goffman parla di “cambiamento di footing” (cioè cambiamento di passo) per indicare un mutamento di registro all’interno di uno scambio comunicativo, ad esempio il passaggio da un registro formale a uno informale. Questi “cambiamenti di marcia” possono essere utilizzati per squalificare la parola della posizione precedente: interrompere con una battuta, replicare a un discorso serio fingendo di prenderlo per scherzo, o viceversa prendere alla lettera un’ironia o un paradosso, sono strategie atte a svuotare di senso ciò che viene detto.
Anche l’uso delle virgolette per fare cambiare significato a una parola può essere disorientante, specialmente se poi si decide di “virgolettare le virgolette”; cioè asserire, nel momento in cui l’interlocutore crede di aver capito il gioco e quindi togliere le virgolette.
“Facevo finta, stavo scherzando!”
“Nessuno può pensare che…!”
È una finta gaffe, o una finta distrazione. Può permettere di denigrare un punto di vista o un’idea dell’interlocutore fingendo di non sapere o di non ricordare che gli appartiene.
“Sei simpatico quando ti arrabbi”
Anche questa è una strategia che vuole interrompere un flusso negativo della comunicazione, portando su un altro piano il
discorso e spezzando il ritmo dell’interlocutore. Nella gestione del conflitto è un grave atto di mancanza di rispetto per l’altro.
Delocuzione. Si attua quando nel momento del conflitto sono presenti più persone e si cerca di allearsi con dei terzi parlando dell’avversario come se non fosse presente in quel momento.
“Ma senti che stupidaggini dice? Ma ti rendi conto di come mi sta trattando?!”
“Per me un’acqua mineralei”
Si chiama virtuosità pedagogica
Capo e collaboratore sono a pranzo. Il collaboratore ordina un calice di vino per accompagnare il pasto; il capo si rivolge al cameriere e gli dice:
“Per me un’acqua minerale. Oggi pomeriggio c’è da lavorare!””
Il collaboratore si sente inadeguato e cambia l’ordinazione, sostituendo il vino conl’acqua.
“Visto che…”
Concedere in superficie per ferire in profondità. Si attua quando si vuole premere il pedale dell’acceleratore sul senso di colpa dell’interlocutore.
“Visto che non ti interessa sapere quanto ho lavorato per raggiungere questo risultato, non vale la pena che ci vediamo in riunione oggi pomeriggio“
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